Adozione e Scuola

lunedì 26 gennaio 2009

Adozioni internazionali oggi. Un po' di dati

Riporto qui di seguito un po’ di dati utili per farsi un’idea delle dimensioni del fenomeno adottivo in Italia oggi.
I dati sono tratti dai rapporti della C.A.I. (Commissione per le Adozioni Internazionali).
Tutti i dati e i report dal 2000 a oggi sono reperibili sul sito http://www.commissioneadozioni.it/

DATI NAZIONALI: GLI INGRESSI
Da novembre 2000 a giugno 2008 hanno concluso l’iter adottivo 17.741 famiglie e 21.671 bambini
Andamento crescente (flessione solo nel 2005 per blocco delle adozioni da parte di alcuni paesi dell’Est Europa)
Attualmente circa 2.700 ingressi all’anno
Si adotta più nelle regioni del nord (54,5%) che al centro e al sud
Si adottano più maschi (57,3%) che femmine, con prevalenza dei maschi tra i piccoli e delle femmine tra i grandi

LE COPPIE ADOTTIVE
Età media (1° sem. 2008): mariti 41,3 anni / mogli 39,5 anni
Livello di istruzione medio-alto
L’86% non hanno altri figli
In crescita i decreti di idoneità mirati (bambini con particolari caratteristiche: età, genere, stato di salute, appartenenza etnica…)
In crescita il numero medio di bambini adottati per coppia

I PAESI DI PROVENIENZA
Dal 2007 perdita dell’egemonia dei paesi dell’Est Europa (Ucraina, Russia)
Provenienze 1° sem. 2008: Ucraina, Colombia, Brasile, Vietnam (+), Etiopia (+), Polonia, Federazione Russa, Cambogia (+), India
Aumento di nuovi paesi (asiatici e africani): Armenia, Kazakistan, Libano, Mali, Mauritius…
Forte flusso di bambini piccoli da Asia e Africa
Età media dei bambini adottati > 8 anni: Polonia, Lituania, Ungheria
Età media dei bambini adottati <3 anni: Cambogia, Burkina Faso, Armenia, Vietnam.

L'ETA' DI ARRIVO
Percentuale dei bambini adottati in età prescolare nelle regioni settentrionali: 53%
Percentuale dei bambini adottati in età prescolare nelle regioni centro meridionali: 37%
Estremi: le regioni nord-occidentali hanno la percentuale maggiore di bambini inferiori a un anno all'ingresso (16,6% contro il 2,6% delle isole)
Le isole hanno la percentuale maggiore di bambini con più di 10 anni all'ingresso (18,8% contro il 6,2% delle regioni centro-orientali)

L'INSERIMENTO A SCUOLA
Avviene prevalentemente (> 50%) nella scuola elementare
L’inserimento avviene in media dopo 3 mesi e mezzo dall’arrivo
Inserimento più precoce alle medie (1,2 mesi dall’arrivo)
Inseriti nel 60% dei casi nella classe corrispondente all’età anagrafica

LE ADOZIONI IN LIGURIA
817 autorizzazioni dal novembre 2000 (445 Genova, 162 Savona, 82 La Spezia, 79 Imperia)
Attualmente circa 130 autorizzazioni all’anno
Età media dei bambini piuttosto bassa (4,5 anni) rispetto alla media nazionale (5,4 anni) (dati 1° semestre 2008)
Provenienze (1° sem. ‘08): Africa 20, America 14, Asia 13, Europa 11. Ciò significa che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di bambini con caratteristiche etniche e somatiche nettamente diverse da quelle della coppia adottiva
Età (1° sem. ’08): 34 hanno meno di 4 anni, 20 da 5 a 9 anni, 4 hanno più di 9 anni.

LIVIA BOTTA
http://www.psicologia-genova.it/

venerdì 23 gennaio 2009

Cosa leggere - "Figli di un tappeto volante" e "Stare bene insieme a scuola si può?"

Propongo anche io alcune considerazioni sulle letture che ho svolto.
In entrambi i casi si tratta di testi presentati nella bibliografia del corso, per cui già noti; penso però che possa comunque essere utile confrontarci riguardo impressioni personali di lettori. Pertanto, mi soffermerò soprattutto sugli aspetti che mi hanno maggiormente coinvolto, più che su una generica descrizione degli argomenti sviluppati.

Il primo libro è Figli di un tappeto volante di Simona Giorni, Edizioni Magi.
Come già osservato nei nostri incontri, dalla lettura, innanzitutto, emerge l’esigenza di saper riconoscere e considerare una pluralità di modelli famigliari ormai comuni nella società, senza rimanere vincolati a un concetto tradizionale che non deve apparire preferenziale.
Altro elemento significativo è costituito dalle indicazioni fornite circa le strategie di ascolto e comunicazione efficaci, che consentono la creazione di climi di classe sereni e accoglienti, di cui i ragazzi possono sentirsi effettivamente protagonisti. In particolare, l’esposizione mette in guardia da atteggiamenti spesso inconsapevoli che inficiano la possibilità di porsi in relazione, in quanto non si mostrano veramente aperti all’altro, ma accompagnano l’ascolto con tendenza a giudicare, moralizzare o comunque ricondurre una determinata individualità a stereotipi generali.
Tra i suggerimenti più specifici relativi all’accoglienza dei bambini adottati a scuola, si possono ricordare le indicazioni relative alla terminologia più adeguata da utilizzare e alle espressioni da evitare, in quanto connotano negativamente le realtà denotate (ad esempio, sì genitore biologico, no genitore vero o naturale, sì a porre in adozione, no ad abbandonare, ecc.).
Per quanto riguarda i percorsi didattici proposti per portare in classe il tema dell’adozione, sono apparsi particolarmente interessanti le plurime modalità di rappresentazione della struttura famigliare, alternative all’usuale e rigido albero genealogico, come il più ‘duttile’ cespuglio. I percorsi narrativi presentati pongono in rilievo l’efficacia della fiaba, che consente di esprimere, trasfigurandole, situazioni ed emozioni altrimenti difficilmente esplicitabili.

Il secondo libro è Stare bene insieme a scuola si può? di Emilia De Rienzo, UTET Università.
L’idea di scrivere questo testo è nata nell’autrice dopo il suicidio di un ragazzino adottato, che, nella sua ultima lettera, sottolinea la mancata accoglienza a lui riservata dalla scuola. Per l’autrice diviene così urgente domandarsi quali possano essere gli atteggiamenti e gli interventi più utili perché la scuola possa invece diventare un luogo in cui ogni bambino possa sentirsi compreso e sostenuto, qualunque sia la sua storia personale.
Quindi, attraverso il racconto di numerosi episodi della sua carriera di insegnante, la De Rienzo mette in evidenza la necessità, per chi opera nella scuola, di consentire a tutti di lavorare sulla propria interiorità, di imparare a riconoscere, chiarire e comunicare le proprie emozioni, rendendo la proposta didattica il più possibile funzionale a questo obiettivo. La stessa infatti ricorda che, fin dall’antichità, l’utilità della cultura è stata riconosciuta nella possibilità di approfondire la conoscenza di sé e dell’altro.
Connesso a questa considerazione è l’invito a non sottovalutare la dimensione emotiva degli allievi nel processo di insegnamento/apprendimento e a non considerarla separata rispetto a un’intelligenza concepita come autonoma. Diventare consapevoli delle proprie ansie e debolezze e affrontarle consente di accrescere la propria autostima e di guardare al futuro con maggiore speranza. In questa ottica, la scuola ha allora lo scopo non tanto di fornire strumenti cognitivi spendibili nella vita professionale, ma semmai di rendere gli individui più attenti, positivi e responsabili nell’affrontare la vita tout court.
Questo compito appare malinteso dall’utenza, specialmente in un periodo come il nostro, in cui la competitività è diventata un valore diffuso, anche a causa di un clima di insicurezza che si tende addirittura ad enfatizzare. Ma la scuola può dimostrare il proprio valore proprio aiutando i giovani ad affrontare l’età adulta con maggiore serenità e presentando modelli di rapporto improntati alla collaborazione all’integrazione costruttiva delle competenze di ognuno. Ascolto, empatia, comprensione, d’altra parte, devono accompagnarsi anche all’indicazione coerente e costante di un sistema di valori che condanna e limita comportamenti aggressivi e prevaricatori. La scuola dovrebbe arginare il crollo dell’autorità degli adulti, ormai irreversibile, conquistando un’autorevolezza che può nascere solo dalla reciproca fiducia.
Questi, in estrema e arbitraria sintesi, gli spunti che l’autrice propone per poter rispondere, finalmente, in modo affermativo alla domanda contenuta nel titolo.
Grazie per l’attenzione

Simone Bertone
Scuola media Don Milani

Cosa leggere in classe - "Quello che non so di me"

Segnalo il libro di Anna Genni Miliotti, "Quello che non so di me".
Ne ho trovata l'indicazione su un'antologia destinata alla classe prima, al termine di una sezione in cui si parla anche di immigrazione.
Daria, la protagonista, è una bambina adottiva che chiede alla madre di ritornare in Russia, suo paese natale, per conoscere la sua storia. Fanno insieme questo viaggio e riescono effettivamente a ritrovare luoghi e persone. Il libro è in forma di diario scritto a due mani, dalla madre adottiva e dalla figlia; ciascuna comunica la propria esperienza e le proprie emozioni.
Si tratta di un percorso di adozione positivo a tutti gli effetti ( forse anche leggermente "sdolcinato"). E' destinato ad un pubblico di ragazzi, ma direi non di prima media, anche se il testo è di facile lettura.

Mariù Garatti
Scuola media Don Milani

Libri di testo "sensibili all'adozione" - Il racconto "Due sorelle"

A proposito del tema adozione segnalo il racconto scritto da Enzo Demattè, "Due sorelle".
E' inserito nel volume "Leggere l'Italia" a cura di Bertocchi, Castellani, Demattè, Favaro e Pallotti.
ll racconto affronta il tema dell'adozione intrecciandolo con quello dell'immigrazione. Destinatari sono allievi stranieri delle due ultime classi della scuola elementare e della scuola media inferiore.
La lettura presuppone una conoscenza della lingua italiana (in particolare per quanto riguarda l'abilità di lettura) equivalente al livello A2, B1. del Quadro Comune di Riferimento per le lingue.

Elisabetta Ghezzi
Scuola media Don Milani

venerdì 9 gennaio 2009

Nuovo libro sull'adozione internazionale

Inserisco qui un messaggio che mi è arrivato oggi e che penso possa interessare a tutto il gruppo:
Siamo lieti di comunicarvi che è uscito il libro del CIAI - Centro Italiano Aiuti all'Infanzia
SCENARI E SFIDE DELL'ADOZIONE INTERNAZIONALE
a cura di Marco Chistolini e Marina Raymondi, FrancoAngeli editore, 2009.
Il volume è disponibile presso tutte le librerie del territorio nazionale e sul sito della Franco Angeli http://www.francoangeli.it in formato E.book.
Il 2008 è stato un anno di ricorrenze significative nello scenario italiano e mondiale dell'adozione internazionale: sono trascorsi 15 anni dall'emanazione della Convenzione de L'Aja "Sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale", 10 anni dalla Legge italiana di ratifica e 40 anni dalla fondazione del CIAI che, di fatto, sanciscono i primi 40 anni di adozione internazionale in Italia.
In questi decenni abbiamo assistito ad una impetuosa espansione del numero di bambini arrivati nel nostro Paese attraverso l'adozione internazionale e, con l'incremento del fenomeno, è cresciuta l'attenzione nei confronti di questo strumento di tutela minorile da parte delle istituzioni e dell'opinione pubblica. Non sempre, però, tale interesse si è tradotto in una maggiore consapevolezza della potenzialità, della complessità e dei rischi insiti nel percorso adottivo: crediamo sia giunto il momento di fermarsi a riflettere su quanto fin qui è stato fatto per individuare un "futuro possibile" per l'adozione internazionale.
Questo è stato l'obiettivo del Convegno organizzato a Venezia nell’aprile 2008 dal CIAI , in collaborazione con la Regione del Veneto ed EurAdopt ed è lo scopo di questo testo che raccoglie i contributi più significativi presentati in quella occasione.
Per le sue caratteristiche il volume si rivolge in particolare ad un pubblico di specialisti (operatori istituzionali, giuridici, psico-sociali e degli enti autorizzati) ma anche a quanti sono interessati ad una tematica tanto affascinante e complessa quanto criticata e discussa, oggetto di svariate campagne informative e di numerose proposte di legge.
Cordiali saluti,
Marina Raymondi
Responsabile Attività Culturali e Centro Studi
CIAI - Centro Italiano Aiuti all'Infanzia
via Bordighera 6 - 20142 Milano
tel: 02/84844422 - fax: 02/8467715
centrostudi@ciai.it
http://www.ciai.it/
SCHEDA LIBRO
pp. 224, € 21,00
Cod. 1130.255
Collana: Politiche e servizi sociali
In libreria da Gennaio 2009
CIAI - Centro Italiano Aiuti all’infanzia
Marco Chistolini, Marina Raymondi (a cura di)
SCENARI E SFIDE DELL’ADOZIONE INTERNAZIONALE
FrancoAngeli
Indice
Presentazione, di Valeria Rossi Dragone
Introduzione, di Marco Chistolini e Marina Raymondi
Contributi introduttivi
Ruolo e competenze di Stato e regioni nell’adozione internazionale, di StefanoValdegamberi
Venezia, tra accoglienza e sostegno alla genitorialità, di Paola Sartori
EurAdopt, le norme etiche e i pericoli attuali dell’adozione internazionale, di Elisabet Sandberg
Il ruolo del Parlamento Europeo, di Inger Segelström
Parte prima - Lo scenario giuridico
Introduzione, di Lucio Strumendo
Com’è cambiato lo scenario internazionale dell’adozione dopo la ratifica della Convenzione de L’Aja, di Jennifer Degeling
Peculiarità e limiti della legge italiana sull’adozione internazionale, di Paolo Morozzo della Rocca
Integrazione e collaborazione tra servizi sociali, enti autorizzati e Tribunali per i Minorenni. Il modello della Regione Veneto, di Claudio Beltrame
Integrazione tra servizio pubblico e privato: l’esperienza della Svezia, di Mona Arfs
Parte seconda - Lo scenario psico-sociale
Introduzione, di Maria Grazia Fava Vizziello
L’adozione nella ricerca internazionale: sviluppo e adattamento dei bambini adottati mediante procedura internazionale, di Femmie Juffer e Marinus H. van IJzendoorn
La realtà del bambino adottabile e la preparazione all’adozione, di Luz Mila Cardona Arce
Il sostegno alla famiglia adottiva e al bambino, di Marco Chistolini
Sfide e risorse nella transizione adottiva, di Rosa Rosnati
L’interesse superiore del bambino nell’adozione internazionale, di Lucile Van Tuyll
Parte terza - Le sfide future
Introduzione, di Angelo Moretto
Adozioni senza abbandono e abbandono senza adozione, di Graziella Teti
Risposte plurime ai diversi bisogni dei bambini, di Leonardo Lenti
L’intervento del Ministro, di Rosy Bindi con Giovanni Anversa e Graziella Teti
Parte quarta - Efficacia ed etica dell’adozione
Introduzione, di Giovanni Anversa
Il confronto, di Bulti Gutema, Daniela Bacchetta, Pasquale Andria, Francesco Gallo, Françoise Pastor, Cinzia Bernicchi, Ivania Ghesti con Giovanni Anversa
Conclusioni, di Piercarlo Pazè
Appendici
Il Comitato Scientifico del Convegno
Il CIAI

mercoledì 7 gennaio 2009

Gruppo "Adozione e scuola" 2° incontro (5/12/08)

Il tema oggetto di riflessione nell'incontro del 5 dicembre è stato "IL SALTO CULTURALE TRA PAESE D'ORIGINE E PAESE D'ACCOGLIENZA E L'IDENTITA' MISTA DI BAMBINI E ADOLESCENTI ADOTTATI".

Abbiamo tratto spunto dalla lettura dei seguenti testi:
2004, Galli I., Il salto culturale dal paese d’origine a quello di accoglienza: incontro/scontro, in “L’inserimento scolastico dei minori stranieri adottati”, Istituto degli Innocenti, pp. 27-34
2006, Chistolini M. e al., La diversità etnica dei bambini adottati, in “Scuola e adozione”, pp.66-78
2006, Edelstein C., L’integrazione: un approccio dal basso, in Magma - Rivista elettronica di scienze umane e sociali – Osservatorio di Processi Comunicativi, vol. 4, n.2 http://www.analisiqualitativa.com/magma/archivio.htm
2006, Giorgi S., Il rischio della rimozione delle proprie origini, in “Figli di un tappeto volante”, pp.28-35
2007, Guerrieri A., Odorisio M.L., Il bambino adottato internazionalmente non è un bambino straniero, in “A scuola di adozione”, pp. 38-43
2007, Edelstein C., Counseling interculturale: l’identità mista di bambini e adolescenti, in Magma - Rivista elettronica di scienze umane e sociali –Osservatorio di Processi Comunicativi, vol. 5, n.2 http://www.analisiqualitativa.com/magma/archivio.htm
2008, Edelstein C. (a cura di), L’identità mista di bambini e adolescenti adottati, Quaderni della Provincia di Bologna – Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali
http://www.emiliaromagnasociale.it/wcm/emiliaromagnasociale/home/infanzia/adozioni/Seminario27Novembre2007/Par1/Prov_bolognaadozione_identita_mista.pdfme/infanzia/adozioni/Seminario27Novembre2007/Par1/Prov_bolognaadozione_identita_mista.pdf 2008, Greco O., Rosnati R., Quale identità etnica? Appartenenze, implicazioni, significati, in “Il post-adozione fra progettazione e azione”, Istituto degli Innocenti, pp. 171-193

Gli stimoli forniti dalle letture ci hanno portato ad approfondire i seguenti aspetti, elencati qui in forma sintetica e schematica:

1 - DEFINIZIONI DI CULTURA
Cosa intendiamo col termine CULTURA D'APPARTENENZA? Si tratta di un termine che utilizziamo con un significato univoco?
Abbiamo visto che il concetto di CULTURA può essere inteso secondo differenti approcci, che sono tuttavia almeno parzialmente integrabili.
- APPROCCIO ETNOGRAFICO: la cultura è un sistema di simboli e significati, condiviso e mutuamente intelligibile, profondamente sentito e storicamente radicato, solo parzialmente mutevole.
- APPROCCIO SOCIO-COSTRUZIONISTA: ciascuno porta con sé il proprio sistema di significati, l’aspetto mutuamente intelligibile viene costruito di volta in volta nella relazione e nella comunicazione. La cultura cambia di situazione in situazione, a seconda del contesto, ed evolve.
- APPROCCIO ETNO-PSICHIATRICO: la cultura è una struttura specifica di origine esterna che contiene e rende possibile il funzionamento dell’apparato psichico.

2 - BAMBINI E ADOLESCENTI CON IDENTITA’ MISTA
Ci sono diverse situazioni possibili di “IDENTITA’ MISTA”: le più significative oggi sono quelle, tra loro differenti, legate ai processi migratori o all’adozione.
Perchè è più corretto parlare di IDENTITA’ MISTA piuttosto che di DOPPIA IDENTITA’?
Perché nel concetto di doppia identità si crea una dicotomia, si rischia di oscillare tra estremi, di installarsi in una parte negando l’altra, si è portati a fare paragoni e ad adottare una prospettiva normativa (le società sono viste come modelli rigidi).
Ragionare in termini di identità mista implica invece l’obiettivo, quando si lavora con bambini originari di altre culture, di mantenere vivo il vissuto delle diverse SFACCETTATURE dell’identità, in una prospettiva PLURALISTA, in modo da evitare il rischio che qualche spezzone identitario venga rimosso o rifiutato.

3 - L’”IDENTITA’ MISTA” LEGATA AI PROCESSI MIGRATORI
Ci sono differenze profonde, dal punto di vista identitario, tra i bambini immigrati e i bambini adottati.
I bambini immigrati (o nati in Italia da genitori stranieri) mantengono un contatto con le radici, sono a contatto sia con il “là” che con il “qua”.
Sono immersi in una situazione scomoda:
- è venuta meno (o manca) nella loro esperienza l’omologia tra il contesto culturale esterno (il paese in cui vivono) e quello interno (la famiglia);
- sono soggetti a due spinte contraddittorie: una verso il mantenimento dell’identità culturale d’origine (rappresentata dalla famiglia) l’altra verso l’adattamento alla cultura ospite (rappresentata dalla scuola, dai coetanei).

4 - DIVERSE STRATEGIE DI ACCULTURAZIONE

I soggetti che si trovano a vivere in una cultura diversa da quella d'origine possono utilizzare differenti strategie di acculturazione. Si tratta di strategie in gran parte inconsce, dettate dalla qualità delle risorse emotive, dai bisogni affettivi, dalla struttura di personalità dei singoli.
a – ASSIMILAZIONE
- Processo per cui si tende a divenire simili;
- Sono sminuiti i valori culturali di origine a favore dell'appropriazione di quelli del luogo di arrivo; - La persona diventa “come se fosse” nativa del luogo, le tracce appartenenti all’origine sono cancellate, l’identità è spezzata, una parte di essa è mutilata, dimenticata.
b - SEPARAZIONE
- Tendenza a rifiutare il contatto con le culture diverse dalla propria;
- C'è un riferimento tenace alla propria cultura d’origine, con una identificazione molto bassa o nulla con la cultura d'accoglienza.
c – INTEGRAZIONE
- Processo interattivo di cambiamento che intreccia vecchi e nuovi valori, regole, norme, abitudini e linguaggi;
- Ne emerge un misto nuovo e unico, qualcosa di inedito che non appartiene né alla cultura di origine, né a quella di accoglienza;
- In questa prospettiva cambia anche la società di accoglienza;
- Vengono valorizzate le differenze.
d - EMARGINAZIONE, ISOLAMENTO
- Incapacità di fronteggiare la complessità;
- Impossibilità di identificarsi con un gruppo etnico o una cultura, sia essa quella di origine o quella di accoglienza;
- L'esito sono i cosiddetti“Bambini sospesi” , che sembrano non essere né qui né altrove.

5 - STRATEGIE PREVALENTI NEI BAMBINI IMMIGRATI
Spesso predomina (soprattutto nell’INFANZIA) il desiderio di assimilazione: appartenere alla società dominante che rappresenta un modello ideale, vestirsi come i compagni, vergognarsi dei genitori…
Ma quando, nell'ADOLESCENZA, la diversità di appartenenza viene percepita, la reazione può prendere la forma di un brusco cambio di rotta verso l’appartenenza di origine (che può essere accompagnato da ribellioni distruttive).
Ricerche recenti evidenziano che:
- la strategia di INTEGRAZIONE (mantenimento e valorizzazione sia della propria identità etnica sia della cultura del nuovo contesto) è associata a esiti adattativi migliori;
- il BILINGUISMO è risorsa e non ostacolo, se il soggetto non si sente costretto ad abbandonare la sua lingua madre (bilinguismo additivo) .

6 - L’”IDENTITA’ MISTA” NELL’ADOZIONE
Abbiamo per prima cosa considerato due approcci alla differenza etnica abbastanza comuni, che tuttavia riteniamo fuorvianti in quanto tendono ad eludere il problema.
- APPROCCIO DI EVITAMENTO = L’adozione italiana o nei paesi dell’Est Europa non comporta problemi di etnia.
Non è vero, in quanto non presentare differenze somatiche non significa non avere una diversa identità etnica.
- APPROCCIO IDEOLOGICO = I bambini sono tutti uguali, le differenze etniche non hanno importanza.
Non è vero, ciascuno è differente dagli altri, la differenza va riconosciuta e valorizzata soprattutto quando è strettamente intrecciata alle vicende esistenziali.
Abbiamo poi considerato due diverse prospettive da cui guardare ai bambini adottati che offrono spunti di riflessione utili anche per il lavoro scolastico. Pur nella loro differenza, le riteniamo entrambe interessanti e "vere". Sono due modi diversi di guardare all'adozione, e poiché le storie dei bambini adottati e delle coppie adottive possono essere molto diverse riteniamo che entrambe possano cogliere nel segno. Le rappresentiamo di seguito schematicamente evidenziandone le differenze, anche se nella realtà si trovano più spesso posizioni meno estreme e più integrate.
a - L’attenzione al PASSATO e alla CONTINUITA’
Questa prospettiva, verso cui si orientano più spesso coloro che si occupano di adozione da un punto di vista clinico, tende a vedere chi emigra per adozione internazionale come un soggetto “solo”, privo di un nucleo parentale di protezione, in uno stadio evolutivo ancora fortemente dipendente dagli adulti. Vede un bambino che ha perso il gruppo di riferimento delle origini e dispone di pochi strumenti mentali per orientarsi e contenere le pressioni del nuovo contesto (famiglia adottiva, scuola, società).
Secondo quest'ottica, l’adozione intesa come opportunità che rappresenta sempre un miglioramento della condizione del bambino è un preconcetto che trascura il significato della perdita (dei riferimenti ambientali precedenti, spesso del nome, delle relazioni e dei ruoli nella famiglia o nell’istituzione in cui viveva, dei modelli culturali interiorizzati).
Delle coppie adottive si sottolinea l’aspettativa inconscia che il bambino si avvicini il più possibile a loro stessi e all’immagine interna del bambino dei loro desideri (frequentemente idealizzato). Questo naturale processo mentale può indurre a sottovalutare il passato del bambino, a pensare che la dimenticanza di un passato sconosciuto o negativo facili la normalizzazione, dia protezione e aiuti a sviluppare il senso di appartenenza reciproca (senza rendersi conto che questo potrà avere un effetto boomerang in adolescenza).
Questi genitori possono inserire troppo presto i bambini a scuola per bisogno di conferma (il bambino è normale, è in grado di apprendere...).
Gli stessi bambini adottati tendono a rimuovere il passato e la lingua d’origine, per il bisogno di appartenenza al nuovo nucleo e per la paura di un nuovo abbandono.
Ma quel passato sta nella loro valigia segreta. Bisogna dunque sfatare il luogo comune per cui un bambino rinasce quando entra nella nuova famiglia, o che si può dimenticare una storia familiare di sofferenza. L’incontro tra il bambino e i suoi nuovi genitori non è un punto di partenza, ma una tappa in un percorso. E’ fondamentale aiutare il bambino a non dimenticare, perché le origini sono necessarie per la costruzione dell’identità.
b - L’attenzione al PRESENTE e alla CESURA
E' una prospettiva in cui si riconoscono più spesso le famiglie adottive, che sottolinea le differenze tra bambini adottati e immigrati e tende a considerare l'adozione come una nuova nascita:
Secondo quest'ottica, il bambino adottato è destinato ad assimilare velocemente la nostra lingua e cultura e a rimuovere quelle parti di sé che gli impediscono di appartenere al qui ed ora e che non sembrano più utili (parole, suoni, ricordi).
Questo anche perché un bambino adottato internazionalmente, che ha spesso trascorso anni in istituto, può non avere una cultura d'origine in senso stretto. La stessa lingua appresa in istituto non è una vera lingua madre perché non è emotivamente significativa. E’ giusto che i bambini la perdano perché sarà l’italiano la lingua con la quale cominceranno a dar nome a sentimenti ed emozioni.
Un bambino adottato (a differenza di un bambino immigrato) è da subito cittadino italiano a tutti gli effetti. Bisogna aiutarlo a diventare italiano anche nella sostanza, grazie all'acquisizione di un'appartenenza completa al contesto culturale che lo accoglie.
Mantenere vivo il legame col paese d'origine non deve assolutamente significare connotare il bambino adottato come "straniero", disconoscendone l'identità e l'appartenenza italiana per lui così importanti e così fasticosamente conquistate.
Ricordargli in continuazione la sua origine diversa può compromettere la sua integrazione. Inoltre spesso i ricordi legati al proprio paese d’origine sono dolorosi.
La scuola deve essere cauta nel proporre interventi riferiti al paese d’origine del bambino, perché potrebbe fargli rivivere vissuti dolorosi.

7 - COSA PUO’ FARE LA SCUOLA? COME PUO' ESSERE AFFRONTATA IN CLASSE LA QUESTIONE DELLA DIFFERENZA ETNICA?
- Valorizzando in modo equilibrato le caratteristiche etniche del bambino adottato, aiutandolo a integrarle con la sua parte italiana;
- Concordando con i genitori e con chi segue il bambino le modalità e i momenti dell’intervento;
- Educando lui e i compagni alla valorizzazione del fatto che esistono bambini e ragazzi italiani con caratteristiche somatiche e legami profondi con una differente etnia (considerazione che vale anche per gli immigrati di seconda e terza generazione).

LIVIA BOTTA
http://www.psicologia-genova.it/