Adozione e Scuola

sabato 21 novembre 2009

Seminario Nazionale a cura della CAI e dell'Istituto degli Innocenti di Firenze: L'inserimento scolastico nel post-adozione

Nei giorni 1 e 2 di ottobre si è svolta a Firenze la fase preliminare del Seminario Nazionale sull’inserimento scolastico nel post-adozione, organizzato dall’Istituto degli Innocenti.
In queste brevi note si tenterà di fornire una sintesi degli spunti emersi, organizzati per temi.

Il contesto scolastico e sociale

Adottati stranieri e immigrati

La presenza di bambini che vengono da lontano è ormai molto forte nella scuola e ciò rende profondamente diverso il contesto di accoglienza dei bambini stranieri giunti in Italia a seguito di adozione internazionale. Per alcuni aspetti, le esigenze dei bambini adottati possono essere assimilate a quelle degli immigrati, ma spesso si tende a una omologazione che non riconosce i tratti specifici. Essi possono individuarsi in due aspetti essenziali:
La configurazione giuridica
Diverso rapporto con le origini e diverse esigenze in relazione al senso di appartenenza

La scuola e la differenza

Non sempre la scuola pone in modo adeguato il problema del rapporto con la diversità, mentre è ormai noto che i bambini vedono precocemente le differenze etniche, ma reagiscono in modo diverso, in dipendenza della loro appartenenza al gruppo di maggioranza o di minoranza: mentre i primi percepiscono assai presto le diverse peculiarità somatiche, i secondi tendono a non riconoscere i propri tratti distintivi e ad assimilarsi agli altri. Nelle simulazioni proposte, addirittura, al personaggio negativo vengono spontaneamente attribuiti i caratteri di minoranza anche da parte di chi li condivide.
In questa prospettiva, dunque, il compito della scuola appare di importanza vitale, perché deve consentire a ciascuno il riconoscimento di sé, in un cotesto di parità di diritti e doveri.

Gli aspetti normativi

Gli adottati ottengono ipso facto la cittadinanza italiana, mentre per gli altri l’iter può essere molto complesso, con qualche facilitazione per quelli nati sul territorio nazionale.
Poiché non esiste una normativa specifica per i bambini adottati, nei casi di adozione internazionale, si fa comunque riferimento a quanto previsto per gli stranieri (DPR 394/99) e, in particolare, si garantisce a tutti l’inserimento a scuola, nella classe corrispondente per età, salvo diverso parere motivato del collegio docenti. Sempre in forza del medesimo atto, si possono prevedere corsi intensivi di italiano e una personalizzazione del piano di studi. Più in dettaglio, la CM 24/06 prevede una adeguata formazione dei docenti, sottolinea l’importanza dei rapporti con e tra le famiglie e l’accertamento delle competenze possedute.
D’altra parte, l’assetto della scuola, specialmente come ridisegnato dalle più recenti riforme, non sempre risulta adatto a dare sostanziale attuazione al dettato legislativo.
Altri aspetti legali significativi sono costituiti dal diritto all’identità (art. 2 Cost.) e il diritto, limitato, all’accesso a informazioni sulla propria origine.

Le pratiche di inserimento

L’inserimento a scuola avviene, nella maggior parte dei casi, dopo circa 100 giorni dall’arrivo in Italia. Le definizione dei momento adeguato per l’inserimento a scuola, peraltro, costituisce un aspetto assai discusso e ricco di implicazioni: l’incontro precoce con la realtà scolastica può rappresentare, soprattutto per i ragazzi più grandi, una possibilità concreta di integrazione nel gruppo dei pari, con cui condividere un analogo stile di vita; inoltre, il cotesto scolastico, strutturato e dotato di regole precise, anche per alcune sue analogie con l’organizzazione degli istituti, può apparire, più della famiglia, vicino alle abitudini del ragazzo e più adatto a farne emergere le competenze sociali e relazionali. D’altra parte, è indiscutibile il bisogno di consentire tempi adeguati per l’instaurazione dei nuovi legami famigliari, rispetto al quale l’impegno profuso nel farsi riconoscere e accettare anche a scuola potrebbe rivelarsi interferente ed eccessivamente pesante dal punto di vista emotivo; in più, le eventuali difficoltà nel padroneggiare la lingua e il subire in maniera immediata richieste onerose, in termini sia cognitivi, sia comportamentali possono inficiare un approccio sereno e costruttivo nei confronti di una istituzione che poi dovrà avere un ruolo fondamentale nell’inserimento sociale dell’adottato.

La storia di sé, il rapporto con le origini e la costruzione dell’identità

In nome di un concetto ingenuo di interculturalità, la scuola può forzare i bambini di origine straniera a ricordare le proprie origini, dimostrando di possedere una lingua ‘materna e di farsi rappresentanti di una cultura: in realtà però un bambino non è protagonista della propria cultura di origine e ha un rapporto molto complesso e contraddittorio rispetto alla lingua precedentemente appresa.
D’altra parte non è possibile annullare i ricordi e i punti di riferimento che la cultura di origine del bambino gli ha trasmesso, per cui la scuola deve trovare strumenti e modalità idonei per permettere a ciascuno di riconoscersi e ogni famiglia adottiva deve essere consapevole della propria multiculturalità.
In generale si può affermare che il bambino attraversa tre differenti fasi:
Attenzione al qui e ora
Ricordo del passato
Ricomposizione dell’identità e sguardo al futuro
Le pratiche suggerite per affrontare il rapporto con la cultura di origine sono molto differenziate se si confrontano i suggerimenti forniti in Gran Bretagna e in Francia: nel primo caso la prospettiva interculturale è assunta in modo quasi eccessivo, mentre nel secondo prevale una strategia di assimilazione.
Nell’ambito del discorso sulla costruzione dell’identità., assume un valore importante la pratica autobiografica, che valorizza l’esperienza di ciascuno e, in particolare, quella del bambino adottato, e consente di riappropriarsi della stessa, è un atto di cura di sé e di responsabilità evolutiva, che impone incontro, necessario e terapeutico, con la verità, è atto narcisistico, che può però colmare la ferita narcisistica legata ad esperienza di adozione.
Una esperienza particolare in questo senso è data dal libro di Emanuela Nava, scritto a quattro mani col figlio adottato in India, che nasce dall’esigenza di rispondere a una consegna scolastica e ha consentito al ragazzo di recuperare la cultura cui si sentiva legato e farne mezzo di ‘seduzione’ nei confronti dei compagni. D’altronde, in questa rievocazione si sono potuti rievocare aspetti positivi legati all’India, fatti d una vita più libera e a contatto con la natura.

Le dinamiche relazionali a scuola

L’aula deve essere uno spazio di speranza aperto a tutti, in cui tutti, insegnanti e allievi, possono fare qualcosa per sé e per gli altri, in un clima di corresponsabilità. Questo tipo di ambiente deve accogliere il bambino adottato, per il quale l’instaurazione di nuovi legami risulta più complesso che per altri e quindi può attivare strategie di aggressività eterodiretta o intradiretta. Nei suoi confronti l’insegnate deve manifestare la cura di cui il bambino può temere l’assenza. In questa prospettiva, diventa indispensabile la disponibilità a fornire occasioni di interazione verbale, che comprendono l’ascolto e l’invito a riappropriarsi del gusto del parlare, e riconoscono significato a un’esperienza altrimenti insignificante

Le problematiche specifiche dell’apprendimento

L’attenzione di insegnanti e genitori appare soprattutto concentrata sulle difficoltà legate all’apprendimento linguistico. Sotto questo aspetto, da parte della scuola emerge una scarsa presa di coscienza rispetto alla differenza tra l’acquisizione di competenze linguistiche idonee allo svolgimento delle attività quotidiane, che avviene precocemente, senza particolari problemi, e il possesso di una competenza tale da consentire di descrivere oggetti e situazioni non contestuali, narrare fatti reali o immaginari e accostarsi proficuamente ai testi di studio.
Per ovviare alle difficoltà che emergono, quindi, occorre tenere presenti vari aspetti legati, in generale, all’apprendimento di una seconda lingua.
Innanzi tutto, occorre considerare le tappe dello sviluppo delle abilità linguistiche nel bambino, in modo da adeguare richieste e aspettative allo stadio reale dei soggetti che apprendono.
Per quanto riguarda i bambini adottati, si deve ricordare che in genere seguono un percorso analogo, ma a tappe accelerate. Tuttavia, specie se hanno vissuto periodi di istituzionalizzazione, possono aver ricevuto un input limitato nei primi anni di vita e ciò potrebbe influire negativamente sui successivi apprendimenti.
Anche l’età del trasferimento in Italia è importante, poiché le difficoltà nell’assimilazione della seconda lingua diventano sensibili dopo i 7 anni di età.
In secondo luogo, facendo riferimento alla teoria di Cummins, secondo cui le competenze in l1 e l2 rappresentano le punte emerse di un ‘iceberg’ costituito da una competenza linguistica comune, è possibile far riferimento a un patrimonio cognitivo già posseduto, su cui basare l’apprendimento della seconda lingua. Ad esempio, a seconda della struttura della lingua di partenza, possono esserci difficoltà più o meno grandi nella comprensione e nell’uso di specifiche categorie morfologiche o sintattiche:in questa ottica, un bambino russo avrà più difficoltà a utilizzare l’articolo rispetto a un bambino arabofono, dato che questo elemento è assente nelle lingue slave, ma è presente nell’arabo.
Ancora, è necessario sottolineare il parallelismo tra avanzamento linguistico e cognitivo. In questa prospettiva appare soprattutto interessante il ruolo della scrittura nella ristrutturazione del pensiero. Ciò infatti implica il bisogno di favorire la rielaborazione del pensiero attraverso la proposta di schemi, rappresentazioni, mappe, scalette. Inoltre, appare significativa l’acquisizione di modelli narrativi e di strategie descrittive.
Infine, si può ricordare una questione spesso presente nell’organizzazione dei piani di studio dei bambini provenienti da altri Paesi: l’eventualità di esentarli parzialmente o integralmente dagli insegnamenti di lingue straniere, per evitare interferenze e riconoscere tempi maggiori per lo studio dell’italiano. Nonostante la diffusa condivisione di tale prospettiva, è interessante segnalare anche un diverso punto di vista, che evidenzia come, in realtà, nell’apprendimento delle lingue insegnate a scuola, i bambini italofoni e gli altri si trovano, o dovrebbero trovarsi, in condizioni analoghe, per cui tali attività potrebbero anzi costituire un momento favorevole per il consolidamento dell’autostima di chi, in molti altri contesti, si sente svantaggiato. Per favorire l’apprendimento dell’italiano, invece, sarebbe preferibile concentrare gli sforzi su determinati argomenti e dispensare da altri contenuti meno immediatamente utili e di difficile approccio, come ad esempio la lettura di testi letterari particolarmente complessi o strategie di riflessione grammaticale poco funzionali all’incremento della produzione.

Film e libri per affrontare e approfondire le tematiche analizzate

Al cinema
La figura dell’orfano è ben presente nel cinema popolare dell’Italia del dopoguerra, basti pensare a numerosi titoli di Raffaello Matarazzo (Tormento, 1950, I figli di nessuno, 1951, Schiava del peccato, 1954), ma fino a tempi molto più recenti non si manifesta interesse per l’approfondimento psicologico dei personaggi-bambini, che restano in secondo piano rispetto agli adulti che li contendono. Le esigenze di affetto dei fanciulli cominciano infatti a emergere solo negli anni ’60 e ’70, in film come Cronaca famigliare di Valerio Zurlini (1962), o Il piccolo Archimede di Gianni Amelio (1979).
Negli ultimi decenni, poi, il cinema ha iniziato a rappresentare vere e proprie storie di adozione e affido famigliare. Un filma interesante a questo proposito è La guerra di Mario, di Antonio Capuano (2005).
Sempre recente è l’ingresso dell’adozione internazionale tra le tematiche cinematografiche, spesso comunque relegata in prodotti dalle caratteristiche particolari. Si possono ricordare: La piccola Lola di Bertrand Tavernier (Francia 2004), che racconta il percorso adottivo di una coppia francese in attesa di un figlio dalla Cambogia, e ABC Africa di Abbas Kiarostami (Iran 2001), documentario sui bambini orfani dell’Uganda, o, ancora, L’insonnia di Devi di Costanza Quatriglio (2001), che propone la testimonianza di adulti e adolescenti adottati, rispetto al loro difficile rapporto con le origini.
Un film molto interessante, che non parla di adozione, ma dell’importanza della memoria e del recupero delle radici per la costruzione dell’identità personale è Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi (2002), in cui la protagonista cerca di ricostruire la vita della madre suicida attraverso lettere, filmini e fotografie che ricordano le varie tappe della sua esistenza.

Nella letteratura
D. Callini, 44 passi, Tempo al libro, Faenza 2006
E. Nava – K. Mazzoleni, Sognando l’India, Piemme Junior, Milano 2003
Shanti Ghelardoni Koli, Ritorno alle origini, CIAI Sviluppo, Milano 2008

I testi sono rielaborazioni autobiografiche di esperienze di adozione, che consentono di accostarsi alla tematica attraverso l’incontro diretto con storie vissute in prima persona. Il primo costituisce un esempio di adozione nazionale avvenuto in un contesto storico e sociale più remoto (la metà del Novecento); del secondo si è già detto; il terzo affronta ancora direttamente l’adozione internazionale.
D. Grossman, Ci sono bambini a zig-zag, Mondadori, Milano 2007
D. Grossman, Con gli occhi del nemico, Mondadori, Milano 2007
L. Sepulveda, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Salani, Firenze 1996
I testi citati sono utili per confrontarsi, in modo più ampio, col tema della differenza.

Riferimenti bibliografici

About F. E. (1988), Children and Prejudice, Basil Blakwell, Oxford.
Aboud F. E., Doyle A. B. (1996), Does talk of race foster prejudice or
tolerance in children?. Canadian Journal of Behavioural Science, 28, 161- 170.
Bereiter C. – Scardamalia M., Psicologia della composizione scritta, La Nuova Italia, Scandicci 1995
Cummins, J. (1980). The construct of language proficiency in bilingual education. In J.E. Alatis (ed.) Georgetown University Round Table on Languages and Linguistics. Washington DC: Georgetown University Press.
Cummins, J. (1984). Wanted: A theoretical framework for relating language proficiency to academic achievement among bilingual students. In C. Rivera (ed.), Language Proficiency and Academic Achievement. Clevedon: Multilingual Matters.

SIMONE BERTONE
Scuola media "Don Milani"-Genova

1 commento:

  1. Grazie di questa relazione così completa ed esauriente. Ora aspettiamo la seconda puntata... Livia

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