di Livia Botta
Articolo pubblicato sul numero di febbraio 2013 di "ADOZIONE E DINTORNI", rivista dell'associazione Genitori Si Diventa.
Articolo pubblicato sul numero di febbraio 2013 di "ADOZIONE E DINTORNI", rivista dell'associazione Genitori Si Diventa.
I bambini e i ragazzi adottati incontrano più facilmente dei coetanei difficoltà di apprendimento?
La risposta è sì, se
consideriamo le numerose ricerche effettuate a livello nazionale e
internazionale: pur nella grande varietà dei casi singoli, i minori adottati
sono una categoria maggiormente vulnerabile alle difficoltà scolastiche.
Ciò non significa che
per tutti i bambini adottati il percorso scolastico si presenti irto di
ostacoli. Se molti hanno difficoltà anche serie, ce ne sono altri che
nonostante esperienze precoci particolarmente avverse riescono ad avere una
buona crescita cognitiva e a confrontarsi positivamente con l'apprendimento. E'
inoltre dimostrato che bambini che incontrano difficoltà all'inizio del loro
percorso scolastico possono recuperare molto, se ricevono attenzioni adeguate.
Sono molte le variabili
che possono fare la differenza tra caso e caso: l'età in cui il bambino viene
adottato, il paese di provenienza, la lingua appresa prima dell'adozione, le
esperienze precoci, le caratteristiche della famiglia adottiva e del contesto
di vita del post-adozione. Contano molto anche fattori individuali come il
patrimonio genetico del bambino, il suo temperamento, la sua capacità di
resilienza (cioè la capacità di far fronte e superare le esperienze avverse),
senza escludere la casualità, anch'essa un fattore che influenza lo sviluppo
umano.
Ma vediamo cosa ci
dicono le ricerche.
La letteratura sul
tema è concorde nel sostenere che, mediamente, i minori adottati presentano
generiche difficoltà scolastiche e disturbi specifici di apprendimento in
percentuale maggiore dei coetanei.
Il termine "disturbi
specifici di apprendimento" si riferisce a difficoltà tipiche di lettura
(dislessia), scrittura (disgrafia e disortografia) e calcolo (discalculia), che
si presentano in bambini con intelligenza nella norma. Queste difficoltà, che
possono permanere per tutta la vita, si incontrano spesso insieme, e oltre a
rendere difficoltoso l'apprendimento possono generare sentimenti di demoralizzazione,
scarsa autostima e disaffezione nei confronti della scuola.
Le ricerche
internazionali ci dicono che queste difficoltà sono presenti nei bambini
adottati in percentuale quattro volte superiore alla norma. Divengono
solitamente evidenti dopo i primi due anni di scolarizzazione, quando le
abilità di lettura, scrittura e calcolo dovrebbero essere acquisite. E'
importante riconoscerle per tempo, per evitare di attribuire gli insuccessi
scolastici a tratti personali quali svogliatezza, pigrizia, scarsa concentrazione.
Sono cosa diversa dai
disturbi specifici di apprendimento le difficoltà scolastiche generiche, che
possono essere correlate a una immaturità psicologica e funzionale del bambino.
Rallentamenti nello sviluppo delle funzioni intellettive causati da
problematiche perinatali, situazioni di deprivazione precoce o traumi possono
far sì che il bambino non sia pronto per gli apprendimenti scolastici adeguati
alla sua età cronologica. Nel caso dei minori adottati in età scolare, aver iniziato
i primi apprendimenti in una lingua diversa rappresenta un ulteriore fattore di
rischio, così come l'aver frequentato nel paese d'origine scuole con
insegnamento inadeguato.
Ma le problematiche
maggiori sembrano presentarsi nell'ambito dell'attenzione, della concentrazione
e della capacità di autoregolarsi.
Scarsa capacità di
prestare attenzione alle consegne e alle spiegazioni, di mantenere la
concentrazione, di memorizzare, di organizzarsi, di completare un compito in
autonomia; iperattività, difficoltà nel controllo degli impulsi e nel rispetto
delle regole: questi tratti si traducono in ostacoli potenti all'apprendimento,
E un bambino che incontra tali difficoltà nell'imparare finisce o per
utilizzare la passività come espediente per evitare di mettersi in gioco, o per
assumere in classe condotte disturbanti e atteggiamenti oppositivi difficili da
gestire. L'incapacità di contenere l'aggressività può generare atteggiamenti di
rifiuto da parte dei coetanei, in un circolo vizioso che rischia di rendere
questi bambini sempre più arrabbiati e intrattabili.
Anche queste
problematiche possono essere presenti in soggetti di buona intelligenza, il che
può trarre in inganno genitori e insegnanti che, soprattutto nel progredire del
percorso scolastico, possono attribuire gli insuccessi a "cattiva volontà" e
"scarso impegno", piuttosto che a difficoltà più radicate e più difficili da
superare.
Ma da cosa dipendono
queste difficoltà? Cosa appesantisce il percorso scolastico di un così gran
numero di bambini adottati?
Va detto subito che
non esiste una risposta univoca. Le ragioni possono essere molteplici e
ascrivibili a fattori differenti, spesso in interazione tra loro. Dobbiamo aver
chiaro che analoghe manifestazioni possono avere alla base cause diverse, di
cui possiamo non avere conoscenza.
Sono tre le variabili
che entrano in gioco: la biologia, la storia pregressa del bambino e l'ambiente
attuale. Consideriamole una per una.
Le componenti biologiche.
Il cervello umano si
forma e si differenzia nelle sue funzioni durante il periodo prenatale.
L'affinamento della capacità sensoriali si completa entro l'età prescolare,
mentre lo sviluppo dei sistemi responsabili delle attività cognitive superiori
continua fino all'adolescenza. Si tratta di processi in parte automatici, in parte
sensibili alle interazioni con l'ambiente: lo sviluppo neurologico di un
bambino può cioè essere influenzato, oltre che da variabili genetiche, anche da
eventi negativi o positivi, sia prenatali che postnatali.
La malnutrizione o
l'assunzione di sostanze nocive da parte della madre in gravidanza, così come
un suo profondo malessere emotivo o fisico, possono provocare un rallentamento
dello sviluppo cerebrale del bambino, che potrà evidenziarsi nelle aree
dell'acquisizione del linguaggio, del grafismo, delle abilità visuo-spaziali e
cognitive (memoria, attenzione, concentrazione...), nei processi sociali ed
emotivi (iperattività, difficoltà di controllo emotivo). Numerose ricerche
hanno evidenziato che è soprattutto l'esposizione prenatale all'alcol ad avere,
potenzialmente, gli effetti più dannosi sullo sviluppo neurologico del bambino.
Nel periodo
successivo alla nascita, il normale sviluppo cerebrale può essere rallentato da
un'alimentazione inadeguata, malattie, stimoli sensoriali e interazioni sociali
carenti.
Alcuni studi di
neurobiologia hanno dimostrato che nei primi anni di vita anche i traumi e le
situazioni di istituzionalizzazione più critiche possono influenzare lo
sviluppo cerebrale, alterando la produzione di cortisolo (il cosiddetto "ormone
dello stress") e danneggiando il sistema di allarme interno di risposta allo
stress, che finirà per attivarsi in modo anomalo e scattare con niente.
Se questi sono i
fattori di rischio, non è detto che gli esiti siano per forza drammatici. Molti
bambini si sviluppano bene anche in condizioni difficili, probabilmente poiché
posseggono dei fattori genetici di protezione in grado di contrastare o di
correggere tempestivamente i danni delle esperienze avverse.
Anche nei casi più
critici, dobbiamo comunque ricordare che il cervello in fase evolutiva è un
organo con incredibili capacità di recupero: benché alcune compromissioni
possano essere permanenti, altri circuiti si possono riorganizzare grazie alla
maturazione e all'esperienza. Questa considerazione deve spingerci a non
scoraggiarci e a studiare gli interventi più efficaci per mettere in grado
questi bambini, nel periodo post-adozione, di sviluppare al massimo le loro
potenzialità.
Le componenti psicologiche.
Diverse teorie
psicologiche ci vengono in aiuto per comprendere perché esperienze difficili
e/o traumatiche sperimentate nella prima infanzia possono tradursi in ostacoli
all'apprendimento.
Dobbiamo in primo
luogo considerare che la scuola è un ambiente in cui riescono a dare il meglio
di sé bambini fiduciosi e sicuri, capaci di entrare in sintonia con gli adulti,
dotati della curiosità necessaria per usufruire delle opportunità offerte dalla
scuola e per correre i rischi che l'apprendimento comporta.
Ma è difficile che un
bambino adottato abbia ricevuto nella prima infanzia la protezione e la
stabilità indispensabili per acquisire un tale senso di sicurezza e fiducia. La
precoce separazione dalla madre biologica e la mancanza di continuità nei
successivi legami di attaccamento tendono infatti a generare stili di
attaccamento insicuri, orientati o all'evitamento del contatto emotivo o ad
"aggrappamenti" accompagnati dal bisogno di controllo continuo
dell'adulto, che si riflettono anche nel contesto scolastico.
Le ripetute
interruzioni dei legami sperimentate dai bambini prima dell'adozione possono
farli sentire "di scarso valore", non meritevoli di amore.
L'autostima carente si traduce in sfiducia nelle proprie capacità e difficoltà
a tollerare la frustrazione e l'insuccesso, laddove "imparare"
comporta proprio il riconoscimento di non sapere (cioè la possibilità di
tollerare la mancanza), la dipendenza da qualcuno che sa (cioè la possibilità
di affidarsi) e infine la possibilità di ricevere e assimilare.
La mancanza, nei
momenti iniziali della vita del bambino, di un adulto che lo abbia accudito
amorevolmente, dando di volta in volta nome e significato alle sue prime
esperienze sensoriali ed emotive, può rendere difficoltosa la costruzione di
quel contenitore-mente che consente di dar senso, immagazzinare e collegare
conoscenze ed esperienze.
Le rotture di
continuità dovute alle ripetute interruzioni dei legami e alla stessa adozione
possono riflettersi in una frammentazione e disorganizzazione del pensiero.
Difese emotive come la rimozione o la scissione, utilizzate per tenere lontane
e separate le esperienze dolorose del passato, possono attaccare la capacità di
pensare, facendo perdere il contatto con alcune aree della mente e generando i meccanismi
di inibizione cognitiva riconoscibili in quei bambini e adolescenti con buona
intelligenza che manifestano inspiegabili "blocchi del pensiero".
Mentre alcuni di
questi meccanismi hanno un carattere strutturale e sono difficilmente
modificabili, altri sono di natura transitoria. Si presentano nei momenti
critici e possono trarre grande vantaggio dalle funzioni di accoglienza,
riconoscimento e valorizzazione che la scuola può offrire.
Le componenti ambientali.
L'ultima variabile è
il contesto attuale, che può favorire o al contrario ostacolare il
raggiungimento di risultati di apprendimento soddisfacenti. E' la variabile su
cui è possibile intervenire, sia a scuola che a casa, per aiutare i bambini più
vulnerabili.
Ma di questo
parleremo in dettaglio in un prossimo articolo.
Livia Botta
http://www.liviabotta.it
http://www.adozionescuola.it
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