Proseguendo con la presentazione del Piano didattico
personalizzato per i BES affrontiamo
ora il punto relativo agli strumenti
dispensativi. Si tratta di strategie che mirano ad aiutare ragazzi in
difficoltà (spesso momentanea) a mirare al successo scolastico lavorando sulla
quantità (e talvolta sulla qualità) dei compiti assegnati, evitando performance
che possono risultare complesse in determinate situazioni, senza nulla togliere
alla completezza della preparazione richiesta e raggiunta. Tra esse troviamo,
ad esempio, la dispensa a leggere ad alta voce, a scrivere in corsivo, a
prendere appunti o copiare dalla lavagna, scrivere testi sotto dettatura o usare
vocabolari cartacei. Quest’ultimo punto è uno dei più importanti nel caso di
alunni adottati, che spesso faticano a trovare vocaboli con la velocità
richiesta dagli insegnanti: la possibilità di utilizzare vocabolari su supporto
elettronico rende più semplice la ricerca evitando una frustrazione non
necessaria al fine, ad esempio, di una traduzione da o verso una lingua
straniera. Allo stesso modo – a mio parere – occorrerebbe incentivare per i
nostri figli l’utilizzo dell’e-reader, in quanto tutti quelli offerti dal
mercato odierno contengono un vocabolario che rende il giovane lettore
decisamente più autonomo nell’acquisizione di nuovi vocaboli.
Tornando alle misure dispensative, altra strategia
significativa può essere quella della diminuzione del carico di lavoro nei
compiti a casa, non dimezzando il numero di esercizi (rischiando quindi di non
esercitarsi su una parte del programma) ma dimezzando gli esercizi stessi
(cinque frasi di grammatica invece di dieci su u determinato argomento). L’accordo
può essere preso con la famiglia e con l’alunno ad inizio anno e valere per
tutta la durata dello stesso, evitando la vergogna di vedersi dare compiti
diversi dal resto della classe, situazione da non sottovalutare mai.
Anche per quanto concerne le verifiche scritte occorre tenere conto che spesso i tempi dei
nostri figli sono più “rallentati”: la stessa verifica può essere svolta in
diverse “sessioni” invece che in un’unica soluzione, dando la possibilità di
suddividere lo studio e le prestazioni richieste. Certo ci vuole una notevole
dose di “elasticità mentale” da parte degli insegnanti, ma se i genitori hanno
le idee chiare sui loro diritti è più semplice proporre soluzioni che agevolino
i nostri figli.
Le modalità di
svolgimento delle prove scritte e orali possono essere oggetto di strumenti
compensativi e dispensativi: lasciare la possibilità di utilizzare schemi e
mappe concettuali, informare in modo chiaro l’alunno sugli argomenti e sulle
modalità di svolgimento della verifica, leggere la consegna o semplificarla con
delle domande guida (quante volte i ragazzi non capiscono, semplicemente, cosa è
richiesto loro…), permettere l’eventuale utilizzo di computer, calcolatrice,
tavole e formulari, prediligere le verifiche a risposte chiuse… Sono tutte
strategie semplici che permettono di strutturare in modo adeguato conoscenze
spesso confuse anche se acquisite, dando sicurezza e permettendo di raggiungere
i risultati che si meritano. Spesso il bambino adottato dedica allo studio un
tempo decisamente maggiore di quello dei suoi compagni, a fronte di risultati
talvolta deludenti, sicuramente non proporzionati allo sforzo a cui si sono
sottoposti, che lo scoraggiano e lo confermano nella sua bassissima autostima:
occorre invece farlo sentire da subito capace, perché le sue potenzialità
emergano in tutta la loro potenza.
E’ auspicabile quindi che il PDP chiarisca i criteri di valutazione delle prove,
soprattutto quelle scritte, ad esempio che non si terrà conto degli errori
ortografici e – soprattutto - che non verrà penalizzato l’uso di strumenti
compensativi: quante volte di fronte ad una verifica differenziata, senza
neppure un errore, ci sentiamo dire che merita solo 6 proprio perché è differenziata?
Gli insegnanti devono imparare a creare (proprio “creare”, perché risponde a
quell’alunno, e solo a quello) verifiche differenziate “ad hoc”, anche se
volesse dire preparare quattro o cinque verifiche diverse.
Il consiglio di classe dovrebbe anche esplicitare le strategie metodologiche attraverso le
quali intende aiutare il ragazzo ad acquisire maggiore autonomia: ad esempio incoraggiare
l’apprendimento cooperativo, mettere in atto il tutoraggio, guidare l’alunno ad
applicare consapevolmente comportamenti e strategie operative adeguate al
proprio stile cognitivo e così via.
Come ultimo punto il PDP deve dare spazio alla famiglia,
indicando il “patto” con la scuola per
quanto concerne lo studio a casa, gli strumenti da utilizzare e gli strumenti
dispensativi individuati.
Il Piano deve essere firmato da tutti i docenti del
consiglio di classe (non dal solo coordinatore), dalla famiglia e dal
Dirigente. La famiglia ne può richiedere
una copia alla segreteria della scuola.
Attendo eventuali domande di chiarimenti anche su casi
particolari (che molto probabilmente, invece, sono l’esperienza di molti),
perché l’argomento è complesso e affrontato da ogni scuola con criteri e modalità
diverse.
Simona Schenone
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