Nel post precedente
abbiamo esaminato le procedure da seguire per chiedere la proroga
dell’iscrizione alla prima classe della primaria al compimento dei
sei anni, nei casi in cui se ne ravvisi la necessità. Vediamo ora
come procedere per la scelta della classe d’inserimento nelle
situazioni – sempre più frequenti – di bambini che giungono in
adozione già in età scolare.
In questi casi la normativa prevede che il minore sia inserito nella classe corrispondente all’età anagrafica, con la possibilità di slittamento all’indietro di un anno solo in casi particolari. Spetta al Dirigente scolastico decidere la classe d’inserimento in accordo con la famiglia, recependo, se presenti, i pareri dei servizi pubblici o privati che accompagnano la fase post-adottiva. E’ pertanto cruciale una buona comunicazione e un clima di fiducia tra famiglia, scuola e servizi in questa fase.
Proviamo a vedere quali
criteri devono guidare questa decisione.
Senz’altro non il
pregiudizio, spesso purtroppo presente sia tra i genitori sia tra gli
insegnanti prima ancora di conoscere il bambino: a seconda dei casi,
il suo “diritto” di frequentare comunque la classe che gli
compete per età, o al contrario il suo “bisogno”, stabilito a
priori, di misurarsi con l’apprendimento con tempi rallentati. E’
invece opportuno cercare la soluzione più adatta per QUEL bambino, a
partire da una conoscenza il più possibile approfondita del suo
pregresso culturale e scolastico, dei suoi punti di forza e delle sue
vulnerabilità.
Si tratta di una
valutazione non semplice. Un appropriato inserimento e la precoce
adozione di misure di supporto mirate richiederebbero una conoscenza
dell’effettivo livello di competenze
cognitive e scolastiche possedute nella lingua di nascita
(competenza lessicale, fluenza nella comunicazione, capacità di
comprensione e ragionamento, eventuali disturbi specifici di
apprendimento o di linguaggio…). Trovate a questo link un’interessante esperienza di valutazione finalizzata a un
inserimento scolastico mirato realizzata nelle prime settimane
dall’arrivo, quando la lingua di nascita è ancora pienamente
funzionante.
In assenza di una valutazione con queste caratteristiche, di cui non mi risultano esperienze nel nostro paese, assume grande rilevanza la conoscenza della scolarizzazione pregressa del minore nel paese di nascita. Anche in questo caso bisogna evitare di dare molto per scontato. Oggi le realtà di provenienza possono infatti essere molto diverse. Può esserci stato (e spesso è così) un avvicinamento alla scuola solo precario e carente. Ma esistono ormai anche casi di bambini adottati che hanno ricevuto una discreta scolarizzazione nel paese d’origine: bambini desiderosi di misurarsi con l’apprendimento, che arrivano con un’abitudine a rispondere a stimoli culturali che può essere trasferita senza eccessiva difficoltà nel nuovo contesto, rendendo lo scoglio della lingua non troppo arduo da superare. Su questo possono dirci molto la documentazione scolastica d’origine, che va tradotta e comunicata alla scuola, e le informazioni raccolte dai genitori durante la permanenza nel paese di nascita del bambino: la raccomandazione è di raccogliere la maggior quantità di informazioni possibili, magari anche recuperando libri e quaderni del figlio!
Altri aspetti da considerare sono quelli relativi al funzionamento del sistema scolastico nel paese di provenienza del bambino. In molti di questi paesi l’insegnamento è carente e penalizza i più poveri, gli abitanti delle zone rurali, le bambine. Ma in altri la scuola è diffusa da tempo ed estesa a tutti, con un investimento capillare sulla scolarizzazione dei più piccoli. In alcuni sistemi scolastici le capacità logico-matematiche vengono sollecitate molto precocemente, in altri si dedicano più tempo e risorse allo sviluppo delle abilità artistiche ed espressive. Il bambino inoltre può aver iniziato la scuola primaria a 7 anni invece che a 6 (il percorso scolastico inizia infatti a 7 anni in molti dei paesi di provenienza dei bambini, ad esempio in Brasile, Bulgaria, Etiopia, Federazione Russa, Lituania, Polonia, Ucraina, Ungheria). E’ possibile inoltre che sia stato dirottato in un percorso di “istruzione speciale” (spesso sinonimo di istruzione carente) se riconosciuto affetto da qualche ritardo psico-fisico.
Molte di queste informazioni sono reperibili nel già citato volume pubblicato dall’Istituto degli Innocenti “Viaggio nelle scuole. I sistemi scolastici nei paesi di provenienza dei bambini adottati”. Anche le informazioni fornite dai mediatori linguistico-culturali sono importantissime per arricchire il quadro.
Ulteriore elemento da considerare è la lingua di nascita e di prima scolarizzazione del minore, che, se molto diversa dall’italiano, renderà inevitabilmente più arduo il passaggio agli apprendimenti nella nuova lingua.
Sarà l’incrocio di queste informazioni a guidare la scelta della classe d’inserimento e l’avvio tempestivo di misure di supporto mirate.
Soprattutto nel caso di inserimenti nella scuola secondaria, va presa in considerazione la possibilità di un periodo di osservazione dell’alunno in una classe “provvisoria”. Solo dopo aver valutato la sua velocità di apprendimento della lingua italiana e le sue competenze specifiche e disciplinari (possono essere necessarie sei-otto settimane) si potrà individuare, con cognizione di causa, la classe d’inserimento definitiva.
Livia Botta
LINEE D'INDIRIZZO ALUNNI ADOTTATI
Proponi un seminario di formazione alla tua scuola
Scarica qui la brochure
Nessun commento:
Posta un commento