Adozione e Scuola

giovedì 11 giugno 2015

Adozioni in età scolare e scelta della classe

Nel post precedente abbiamo esaminato le procedure da seguire per chiedere la proroga dell’iscrizione alla prima classe della primaria al compimento dei sei anni, nei casi in cui se ne ravvisi la necessità. Vediamo ora come procedere per la scelta della classe d’inserimento nelle situazioni – sempre più frequenti – di bambini che giungono in adozione già in età scolare.

In questi casi la normativa prevede che il minore sia inserito nella classe corrispondente all’età anagrafica, con la possibilità di slittamento all’indietro di un anno solo in casi particolari. Spetta al Dirigente scolastico decidere la classe d’inserimento in accordo con la famiglia, recependo, se presenti, i pareri dei servizi pubblici o privati che accompagnano la fase post-adottiva. E’ pertanto cruciale una buona comunicazione e un clima di fiducia tra famiglia, scuola e servizi in questa fase. 

Proviamo a vedere quali criteri devono guidare questa decisione. 

Senz’altro non il pregiudizio, spesso purtroppo presente sia tra i genitori sia tra gli insegnanti prima ancora di conoscere il bambino: a seconda dei casi, il suo “diritto” di frequentare comunque la classe che gli compete per età, o al contrario il suo “bisogno”, stabilito a priori, di misurarsi con l’apprendimento con tempi rallentati. E’ invece opportuno cercare la soluzione più adatta per QUEL bambino, a partire da una conoscenza il più possibile approfondita del suo pregresso culturale e scolastico, dei suoi punti di forza e delle sue vulnerabilità. 

Si tratta di una valutazione non semplice. Un appropriato inserimento e la precoce adozione di misure di supporto mirate richiederebbero una conoscenza dell’effettivo livello di competenze cognitive e scolastiche possedute nella lingua di nascita (competenza lessicale, fluenza nella comunicazione, capacità di comprensione e ragionamento, eventuali disturbi specifici di apprendimento o di linguaggio…). Trovate a questo link un’interessante esperienza di valutazione finalizzata a un inserimento scolastico mirato realizzata nelle prime settimane dall’arrivo, quando la lingua di nascita è ancora pienamente funzionante.

In assenza di una valutazione con queste caratteristiche, di cui non mi risultano esperienze nel nostro paese, assume grande rilevanza la conoscenza della scolarizzazione pregressa del minore nel paese di nascita. Anche in questo caso bisogna evitare di dare molto per scontato. Oggi le realtà di provenienza possono infatti essere molto diverse. Può esserci stato (e spesso è così) un avvicinamento alla scuola solo precario e carente. Ma esistono ormai anche casi di bambini adottati che hanno ricevuto una discreta scolarizzazione nel paese d’origine: bambini desiderosi di misurarsi con l’apprendimento, che arrivano con un’abitudine a rispondere a stimoli culturali che può essere trasferita senza eccessiva difficoltà nel nuovo contesto, rendendo lo scoglio della lingua non troppo arduo da superare. Su questo possono dirci molto la documentazione scolastica d’origine, che va tradotta e comunicata alla scuola, e le informazioni raccolte dai genitori durante la permanenza nel paese di nascita del bambino: la raccomandazione è di raccogliere la maggior quantità di informazioni possibili, magari anche recuperando libri e quaderni del figlio!

Altri aspetti da considerare sono quelli relativi al funzionamento del sistema scolastico nel paese di provenienza del bambino. In molti di questi paesi l’insegnamento è carente e penalizza i più poveri, gli abitanti delle zone rurali, le bambine. Ma in altri la scuola è diffusa da tempo ed estesa a tutti, con un investimento capillare sulla scolarizzazione dei più piccoli. In alcuni sistemi scolastici le capacità logico-matematiche vengono sollecitate molto precocemente, in altri si dedicano più tempo e risorse allo sviluppo delle abilità artistiche ed espressive. Il bambino inoltre può aver iniziato la scuola primaria a 7 anni invece che a 6 (il percorso scolastico inizia infatti a 7 anni in molti dei paesi di provenienza dei bambini, ad esempio in Brasile, Bulgaria, Etiopia, Federazione Russa, Lituania, Polonia, Ucraina, Ungheria). E’ possibile inoltre che sia stato dirottato in un percorso di “istruzione speciale” (spesso sinonimo di istruzione carente) se riconosciuto affetto da qualche ritardo psico-fisico. 

Molte di queste informazioni sono reperibili nel già citato volume pubblicato dall’Istituto degli Innocenti “Viaggio nelle scuole. I sistemi scolastici nei paesi di provenienza dei bambini adottati”. Anche le informazioni fornite dai mediatori linguistico-culturali sono importantissime per arricchire il quadro.

Ulteriore elemento da considerare è la lingua di nascita e di prima scolarizzazione del minore, che, se molto diversa dall’italiano, renderà inevitabilmente più arduo il passaggio agli apprendimenti nella nuova lingua.

Sarà l’incrocio di queste informazioni a guidare la scelta della classe d’inserimento e l’avvio tempestivo di misure di supporto mirate. 

Soprattutto nel caso di inserimenti nella scuola secondaria, va presa in considerazione la possibilità di un periodo di osservazione dell’alunno in una classe “provvisoria”. Solo dopo aver valutato la sua velocità di apprendimento della lingua italiana e le sue competenze specifiche e disciplinari (possono essere necessarie sei-otto settimane) si potrà individuare, con cognizione di causa, la classe d’inserimento definitiva. 

Livia Botta

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