Adozione e Scuola

martedì 7 aprile 2015

Linee d'indirizzo alunni adottati. Le aree critiche (prima parte)

Le linee d'indirizzo segnalano una serie di peculiarità che possono rappresentare aree critiche in una parte non trascurabile dei minori adottati. Esaminiamole nel dettaglio.

Numerose ricerche effettuate a livello nazionale e internazionale ci dicono che i bambini e i ragazzi adottati incontrano più spesso dei coetanei difficoltà di apprendimento. Disturbi specifici (dislessia, disgrafia, discalculia) sono presenti in percentuale quattro volte superiore alla norma, e anche generiche difficoltà scolastiche correlate a un'immaturità psicologica e funzionale si riscontrano con una certa frequenza. Ma le problematiche maggiori sembrano presentarsi nell'ambito dell'attenzione, della concentrazione e della capacità di autoregolarsi: scarsa capacità di prestare attenzione alle consegne e alle spiegazioni, di mantenere la concentrazione, di memorizzare, di organizzarsi, di completare un compito in autonomia, iperattività, difficoltà nel controllo degli impulsi e nel rispetto delle regole: questi tratti, presenti in una parte non trascurabile dei minori adottati, posso tradursi in ostacoli potenti all'apprendimento.

Da cosa dipendono queste difficoltà, che possono essere presenti anche in soggetti di buona intelligenza? Le ragioni sono molteplici e ascrivibili a fattori differenti, spesso in interazione.

In molti casi possono essere decisive le componenti biologiche.
Il cervello umano si forma e si differenzia nelle sue funzioni durante il periodo prenatale, affina poi le sue funzioni fino all'adolescenza. Si tratta di processi in parte automatici e dipendenti da variabili genetiche, in parte sensibili alle interazioni con l'ambiente, cioè ad eventi negativi o positivi sia prenatali che postnatali. La malnutrizione o l'assunzione di sostanze nocive (alcol soprattutto) da parte della madre in gravidanza, così come un suo profondo malessere emotivo o fisico, possono provocare un rallentamento dello sviluppo cerebrale del bambino, che potrà evidenziarsi nelle aree dell'acquisizione del linguaggio, del grafismo, delle abilità visuo-spaziali e cognitive (memoria, attenzione, concentrazione), nei processi sociali ed emotivi (iperattività, difficoltà di controllo emotivo).
Nel periodo postnatale, il normale sviluppo cerebrale può essere rallentato da un'alimentazione inadeguata, malattie, stimoli sensoriali e interazioni sociali carenti. Studi di neurobiologia hanno dimostrato che nei primi anni di vita anche i traumi e le situazioni di istituzionalizzazione più critiche possono influenzare lo sviluppo cerebrale, danneggiando il sistema interno di risposta allo stress, che comincia ad entrare in funzione anche in risposta a stimoli di scarsissima entità.
Se questi sono fattori di rischio, non è detto tuttavia che gli esiti siano per forza drammatici. Molti bambini adottati non hanno conosciuto esperienze così negative da influire in modo significativo sul loro sviluppo neurologico; altri si sviluppano bene anche in condizioni difficili, probabilmente perché posseggono dei fattori genetici di protezione in grado di contrastare i danni delle esperienze più avverse.

I vissuti difficili della prima infanzia possono tradursi in ostacoli all'apprendimento anche per ragioni di ordine psicologico.
La separazione dalla madre di nascita, le ripetute interruzioni dei legami sperimentati dai bambini prima dell'adozione possono farli sentire “di scarso valore”. Aver vissuto situazioni traumatiche o di trascuratezza può indurli a percepire l'ambiente in cui si trovano a vivere (qualsiasi ambiente, anche quello attuale!) come ostile e pericoloso. La possibilità di fidarsi degli adulti (di tutti gli adulti, anche di quelli amorevoli e affidabili del loro contesto di vita attuale!) può risultare danneggiata. L'autostima carente può tradursi in sfiducia nelle proprie capacità e difficoltà a tollerare frustrazioni e insuccessi anche minimi.
Se pensiamo che l'imparare comporta il riconoscimento di non sapere (cioè la possibilità di tollerare la mancanza), la dipendenza da qualcuno che sa (cioè la possibilità di affidarsi), la possibilità di ricevere e assimilare; se pnsiamo che la scuola è un ambiente in cui riescono a dare il meglio di sé bambini fiduciosi e sicuri, dotati della curiosità necessaria per correre i rischi che l'apprendimento implica, ci rendiamo subito conto di quanto possa essere arduo questo percorso per bambini che sono stati così feriti nel senso di sé durante la prima infanzia.
Ne consegue la necessità che la scuola si configuri per loro, in primo luogo, come ambiente sicuro e protettivo, e che i genitori non si pongano mete scolastiche troppo ambiziose prima di conoscere le reali possibilità e doti dei propri figli, in molti casi integre e ben sviluppate in ambiti diversi da quello logico-linguistico così importante a scuola (ad esempio nelle aree espressive, o nelle capacità operative).

In un prossimo post esamineremo le criticità connesse, nei bambini adottati internazionalmente, al cambiamento di lingua. 

Se volete saperne di più sulle conseguenze della trascuratezza emotiva nell'infanzia, potete leggere a questo link l'articolo di Bruce D. Perry "Legame e attaccamento nei bambini maltrattati".
Per comprendere più a fondo le difficoltà che possono incontrare a scuola bambini che hanno vissuto esperienze avverse nella prima infanzia e trovare indicazioni su strategie per aiutarli vi consiglio la lettura del bel libro di Louise Bombèr “Feriti dentro. Strumenti a sostegno dei bambini con difficoltà di attaccamento a scuola” (ed. Franco Angeli).
A  questo link trovate invece il testo completo delle Linee d'indirizzo.

Livia Botta
www.liviabotta.it
www.adozionescuola.it

LINEE D'INDIRIZZO ALUNNI ADOTTATI
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